Presidente dello ESG European Institute, fondatore del Fondo Italiano per l’Economia Circolare e vice presidente dei Circular Economy Network, Luca Dal Fabbro è uno dei massimi protagonisti del dibatto europeo sullo sviluppo sostenibile e il processo di innovazione circolare.
Docente alla Luiss, ha ricoperto ruoli da top manager in Italia e all’estero gestendo aziende nel settore dell’energia e delle infrastrutture, amministratore delegato di Enel Energia Spa e EON Italia, Presidente di Snam e Direttore Generale della Inso SPA. Ha scritto nel 2017 un libro di grande successo, L’Economia del girotondo (Tecniche Nuove), che delineava nuovi scenari sul rapporto tra gestione dei rifiuti e il nostro futuro.
Sul palco del Teatro Scientifico Bibiena di Mantova, è proprio lui uno dei protagonisti della giornata di presentazione del Premio Futuro Sostenibile, promosso da Gruppo Tea, evento che apre il Food&Science Festival.
Il nostro PNRR, il Green New Deal europeo, gli SDGs e gli ESG sembrano aver delineato il percorso di sostenibilità del pianeta. Eppure il nostro premier Mario Draghi, intervenendo alla tavola rotonda sul clima, il Climate moments di New York, organizzata in occasione della 76esima Assemblea generale delle Nazioni unite, ha dichiarato che non stiamo mantenendo le promesse: “Se non agiamo per ridurre le emissioni di gas serra, non saremo in grado di contenere il cambiamento climatico al di sotto di 1,5 gradi”.
Siamo ad un bivio, lo ha riassunto bene Kim Stanley Robinson, uno scrittore di fantascienza statunitense abituato a immaginare e raccontare tutto quello che succederà. Ha scritto che: “Il futuro non ha imboccato una strada obbligata. Tutt’altro”. Esiste insomma la possibilità di sbagliare, ritardare, far finta di non capire. La sostenibilità è l’unica scelta possibile. Ma sta solo a noi decidere se, come e quando agire. L’economia circolare in questo contesto rappresenta per tutte le filiere produttive l’opportunità reale e concreta di raggiungere questi obiettivi.
Al centro della transizione ecologica, quindi, ci sono le imprese e il loro saper fare, che ormai non può più prescindere dagli obiettivi di sostenibilità, e la transizione energetica in corso. Saranno loro le protagoniste del cambiamento?
Il “sistema fabbrica” nato in Inghilterra con la rivoluzione industriale ha definito nel corso del tempo l’affermarsi di un modello produttivo che ha cambiato il nostro modello di società e spesso lo ha cambiato in meglio. Ma lo ha fatto senza occuparsi delle conseguenze climatiche e senza affrontare con attenzione e serietà il tema delle risorse e delle materie prime. Questo è oggi un tema decisivo. Non si può più parlare di sviluppo sostenibile se non affrontiamo la nuova geopolitica della materia e come vengono estratte le risorse e da chi. Adesso viviamo un’era di transizione industriale in cui la tecnologia, l’industria 4.0 e la digitalizzazione possono e devono rimettere il pianeta al centro di un’idea di sviluppo “a misura d’uomo”, in grado di produrre senza generare scarti o sprechi. Ma lo possono fare solo se “capiamo” l’evoluzione delle materie prime”.
Se guardiamo all’Italia, i dati sul tasso di riciclo dei rifiuti, l’uso di materia seconda nell’economia, il livello di produttività e il consumo procapite di risorse, indicano che siamo il paese europeo leader nella circolarità. In che modo all’interno del processo di transizione ecologica possiamo valorizzare questo primato?
Stiamo facendo molto, ma dobbiamo e possiamo fare molto di più, soprattutto dal punto di vista legislativo. L’Economia Circolare ha a che fare con il lavoro, la formazione, la scuola, l’innovazione, la ricerca. Per svilupparsi ha bisogno di nuovi sistemi di governance, impianti di produzione per le materie prime seconde e le energie rinnovabili, di un modello di economia delle relazioni all’interno dei territori. Siamo virtuosi, ma al tempo stesso siamo anche un paese che dimentica troppo spesso la sua straordinaria capacità di fare cose che piacciono al mondo. Dal made in Italy al remade in Itay il passo potrebbe essere breve ed è una straordinaria occasione di rinascimento economico e creativo. Penso alla manifattura, alla moda, all’agroalimentare, al design, alla biodiversità dei nostri territori, alla bioeconomia che trova nuovi utilizzi per ogni tipo di scarto. Siamo l’Italia, dobbiamo sempre ricordarcelo”.
A Mantova l’Economia Circolare sta diventando un modello che unisce le scuole, le imprese, gli enti locali. Può essere un esempio anche per gli altri territori del nostro paese?
Questa è una terra che ha capito prima delle altre il processo di trasformazione che stiamo vivendo. Basta guardare alla straordinaria partecipazione dei ragazzi delle scuole all’idea di raccontare con i linguaggi della creatività l’economia circolare vista con gli occhi di una nuova generazione, che è cresciuta nell’era della sostenibilità. Ho fiducia in loro.