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Come fare agricoltura producendo energia. Cos’è l’Agrovoltaico e come funziona
Come fare agricoltura producendo energia. Cos’è l’Agrovoltaico e come funziona
di Giovanni Franchini
Giancarlo Ghidesi co-fondatore e direttore operativo di REM Tec Energy
Esiste una alternativa sostenibile e circolare a coprire di pannelli solari i campi agricoli rinunciando a coltivarli? La REM Tec Energy di Asola ci spiega come fare.
I pannelli solari nel campo agricolo si muovono seguendo la luce del sole e si posizionano in modo da avere sempre l'inclinazione ottimale per incamerare il massimo dell'energia. Sotto di loro, a cinque metri da terra, l’ombra varia a seconda delle diverse inclinazioni dei pannelli ed ecco che la parte della coltivazione che prima stava al sole, ora è all’ombra. È arrivato il momento di irrigare: l’impianto si avvia solo per quella porzione di terreno e in quantità programmata e solo per il tempo necessario, generando un risparmio notevole di acqua.
Il tutto è gestito da un software che tramite un algoritmo istruito dal saper fare degli agronomi, tiene sotto controllo tutti i dati: produzione di energia, acqua consumata, benessere delle piante, temperatura, quantità di luce. Grazie a questo sistema, l'agricoltore sceglie se favorire la crescita delle piante nella fase di germogliazione o ottimizzare la produzione di energia o tutte e due insieme.
Si chiama Agrovoltaico ed è la nuova frontiera tecnologica che unisce produzione di energia rinnovabile da fotovoltaico e agricoltura sostenibile grazie ad un sistema totalmente digitale ed automatizzato che ottimizza le risorse, per impiegarle solo quando servono, monitorando costantemente tutto il fabbisogno, agricolo ed energetico, in tempo reale.
L'Agrovoltaico ad alto tasso di innovazione e sostenibilità è la tecnica sviluppata dalla REM Tec Energy di Asola, nell'alto mantovano, che attualmente gestisce in Italia 28 ettari tra Lombardia ed Emilia Romagna, ed è molto attiva all’estero, dove l’agrovoltaico è già molto utilizzato.
Mantova Circolare ha intervistato
Giancarlo Ghidesi
co-fondatore e direttore operativo dell’azienda, che ha registrato il marchio “
Agrovoltaico
”, ci spiega l'alto tasso di innovazione di questa nuova tecnologia e le sue ricadute sostenibili nell'agricoltura e nell'industria.
“Con tre impianti agrovoltaici siamo in rete dal 2011 e siamo stati i primi a fare impianti simili su larga scala e per questo abbiamo registrato il marchio. Adesso fortunatamente se ne parla tanto, anche facendo molta confusione tra cosa è realmente agrovoltaico e cosa no.
Agrovoltaico
Dottor Ghidesi, cosa significa esattamente Agrovoltaico e quale sistema produttivo può definirsi tale?
Tanto per fare un esempio: attualmente passa per agrovoltaico anche un impianto posizionato a trenta centimetri da terra, e intervallato da frazioni di coltivato che in realtà produce ben poco. Ma quello non lo è. L’agrovoltaico vero è un impianto intelligente, possibilmente semovente, che cattura la massima energia possibile dal sole e che consente le coltivazioni sul suolo sottostante gestendo la quantità di ombreggiamento necessario, fornendo così la tecnologia per aumentare la produzione assicurandone la sostenibilità.
L’Agrovoltaico quindi unisce agricoltura ed energia rinnovabile?
L'Agrovoltaico nasce da un semplice ragionamento ambientale e agricolo. Non possiamo continuare a disseminare i campi di pannelli, disinteressandoci di cosa avviene al di sotto di essi, spesso rinunciando a fare agricoltura o facendola in modo parziale, caotico, frazionato e non ottimizzato.
Noi abbiamo scelto la strada di produrre energia rinnovabile aiutando l'agricoltura. E lo abbiamo fatto alzando i pannelli a 5 metri di altezza, a campate larghe minimo 12 metri, permettendo così alle macchine agricole di fare i loro lavoro e quindi di non sprecare nemmeno un metro di terreno fertile. E questo è stato il primo obiettivo, creare meno problemi all'agricoltura. Siamo i primi al mondo ad aver avuto l'idea almeno su scala industriale. In secondo luogo, l’Agrovoltaico aiuta l’agricoltura anche ad aumentare la produzione sia quantitativamente che qualitativamente, utilizzando la tecnologia digitale. Collaborando con l’Università di Piacenza, abbiamo scoperto che l’ombra temporanea è un valore aggiunto della produzione agricola per cui abbiamo creato un algoritmo in grado di dirci in ogni momento il fabbisogno della pianta, in termini di luce ed acqua. Da questo discende un metodo molto più sostenibile nella produzione: risparmiamo acqua, regoliamo la temperatura con l’ombreggiamento, dosiamo la luce. La produzione ne acquista in qualità, e in quantità. Ad esempio con l’Agrovoltaico, un campo coltivato a mais aumenta del 5% la sua produzione in un arco temporale di 35 anni.
E lo fa producendo energia che può essere consumata o ceduta alla rete. Insomma l’Agrovoltaico è la nuova frontiera della sostenibilità ambientale, che unisce due settori prima distanti, l’agricoltura e l’energia e ha ricadute importanti sul risparmio di acqua, sulle emissioni di Co2 e per combattere la crisi climatica.
Le ricadute sono sostenibili anche dal punto di vista economico?
Assolutamente si. E lo sono sia per i terreni già coltivati, per quelli ancora da coltivare e per i produttori di energia. Questo significa più voci di ricavo per gli agricoltori. Inoltre oggi tramite gli algoritmi possiamo prevedere per i campi incolti e per le riconversioni, quali coltivazioni possono essere maggiormente convenienti: cosa piantare, come coltivare, e quanta energia ricavare, in una previsione pluridecennale che consente di misurare con precisione investimenti e ricavi.
Le ricadute positive non si limitano quindi a interessi puramente privati. Esiste anche un interesse pubblico: valorizzazione dell’agricoltura, autoproduzione di energia rinnovabile, ricadute positive sul clima. In che modo è possibile incentivare una tecnologia come l’Agrovoltaico?
Oggi sostanzialmente un agricoltore può scegliere se coprire interamente il suo campo agricolo con pannelli solari tradizionali, rinunciando completamente all’idea di coltivare quel campo, oppure può utilizzare una tecnologia come la nostra che mantiene produttivo il suo terreno e assicura al tempo stesso importanti benefici per la collettività. Attualmente l’energia prodotta in entrambi i casi viene acquistata dalla rete energetica, allo stesso prezzo. E questo è sbagliato. Da un lato abbiamo una produzione rinnovabile ma fine a se stessa. Dall’altro un sistema integrato e intelligente capace di creare una filiera virtuosa con importanti ricadute positive sul territorio, la comunità e il clima. Ed è naturale che i prezzi di acquisto debbano essere diversi, e per questo occorre incentivare maggiormente produzioni di energia rinnovabili e agrovoltaiche.
Qual è la situazione in Italia?
C’è ancora molta confusione, a cominciare dalla definizione di agrovoltaico, che deve avere le caratteristiche che le dicevo prima. Purtroppo in un recente decreto del governo che affronta il tema, la definizione e le caratteristiche individuate nel descriverlo ci lasciano molto più che perplessi. La tecnologia infatti è molto più avanti di quanto previsto dal Governo, ed è forma e sostanza del risultato. Ovviamente abbiamo segnalato l’errore e speriamo in una correzione.
Intanto dove state operando e in che modo?
In Italia stiamo sviluppando alcuni progetti interessanti in Sardegna, Sicilia e Puglia, ma la burocrazia attuativa è ancora molto farraginosa, e anche questo è un compito del Governo che deve semplificare e accelerare le procedure. In Francia ad esempio si sono già accorti del valore fortemente innovativo di questa tecnologia e fanno gare per l’acquisto di energia distinguendo tra fotovoltaico tradizionale ed Agrovoltaico. Per questo stiamo lavorando molto in Francia, ma anche in Germania, Israele, Giappone e Cina.
E a Mantova?
A Mantova stiamo sperimentando su 15 ettari coltivazioni di vigneti, orticole cereali foraggere e persino piante ornamentali. Andiamo dovunque ci chiamino e stiamo testando diverse situazioni, anche molto diverse tra loro. Abbiamo registrato un certo interesse nelle associazioni locali degli agricoltori, come ad esempio Coldiretti, ma senza un indirizzo preciso di politica energetica industriale che fornisca certezze, è difficile decidere di investire. Servono soluzioni precise, sia per la definizione di agrovoltaico, sia per le pratiche autorizzative. E criteri chiari. In Giappone ad esempio per essere definito operatore agrovoltaico, e usufruire delle tariffe incentivate, non devi andare al di sotto dell’ottanta per cento della coltivazione originaria, altrimenti ti tolgono una quota dalla tariffa di acquisto energetico.
A chi conviene soprattutto l’Agrovoltaico?
Sicuramente alle aziende del sud, viste la quantità e l’intensità delle ore di luce solare. Al sud la situazione è così favorevole che le aziende potrebbero farcela anche senza incentivo. Al nord che ha meno ore luce al giorno, servirebbe invece un incentivo pubblico, quanto meno per avviare la produzione.
Anche in futuro produrremo energia coltivando?
Il futuro dell’energia è l’idrogeno. Ma per essere prodotto l’idrogeno ha bisogno a sua volta di energia. Col declino dell’energia prodotta dai fossili, faremo un largo uso delle rinnovabili, come l’agrovoltaico, l’idroelettrico, l’eolico sia su terra sia in offshore e il geotermico. Per questo l’agrovoltaico continuerà ad esistere e a svilupparsi ulteriormente, con l’agricoltore che continuerà a fare il suo lavoro sempre meglio, e si produrrà da solo tutta l’energia che gli serve per far funzionare l’azienda, muovere i suoi trattori elettrici realizzando percorsi virtuosi di economia circolare. Perché l’economia circolare è il principio base che dovranno adottare tutte le filiere produttive del mondo. E l’energia naturale dell’Economia Circolare per definizione deve essere rinnovabile.
C’è chi dice che un mondo alimentato da sole energie rinnovabili è un’utopia.
Io non lo credo affatto. Diventare energeticamente indipendenti è possibile. Ci sono isole della Danimarca già al cento per cento rinnovabili, l'Islanda lo è per intero. È vero che ci sono pochi abitanti, ma sono esempi da seguire. Anche perché dal punto di vista climatico questa è una scelta obbligata, senza alternative. La tecnologia ci aiuta ma noi dobbiamo fare in fretta le nostre scelte di sostenibilità.
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